Venerdì si festeggia la pubblicazione del numero che ho curato per la rivista di architettura Turris Babel insieme a Sandy Attia “Costruire Pedagogie”. Ripercorrendo la storia che ha condotto alla realizzazione di questo lavoro, ho ritrovato una bella intervista sul convegno che avevo organizzato presso la Facoltà di Scienze della Formazione della Lub nel Novembre di un anno fa. È stato proprio da quella iniziativa che è nata l’idea di scrivere un numero della rivista tutto dedicato alle scuole.
L’intervista è online, sulla rivista Franz Magazine http://franzmagazine.com/2012/11/08/spazioapprendimento-per-ripensare-gli-spazi-scolastici-lintervista-a-beate-weyland/
Ecco il testo integrale
Professoressa Weyland, il convegno tenutosi a Novembre 2012, “Spazio e apprendimento”è stato un’occasione per lanciare la rete “spazio&apprendimento”. Di cosa si tratta, chi sono i “nodi” della rete e quali sono gli obiettivi?
La rete consiste in un accordo tra dieci istituzioni che sotto diversi punti di vista hanno a che fare con la scuola e che sono interessate in modo specifico al tema organizzazione spaziale degli edifici scolastici. Sono coinvolte, tra gli altri, le intendenze scolastiche, l’università, la consulta dei genitori, la camera degli architetti e l’ufficio edilizia della provincia. Ed è questo il valore aggiunto di questo tavolo di concertazione: la convergenza e il dialogo tra i diversi punti di vista e le diverse competenze di ciascuno sul tema spazi della scuola. Come la vedono e che esigenze hanno gli insegnanti? E gli architetti? E quali sono le priorità di chi sostiene economicamente le operazioni di ristrutturazione e nuova edificazione? Possono incidere le visioni dei dirigenti scolastici sulle decisioni progettuali degli architetti? E così via.
Il cuore del progetto è indagare la “relazione tra spazio e apprendimento”, un tema che il convegno e la stessa rete pongono come prioritario e attuale. In cosa consiste questa centralità rispetto allo sviluppo della ricerca pedagogica attuale? Qual è la direzione di questo sviluppo? A quali nuove istanze educative occorre dare risposta?
L’urgenza di mettere a tema la relazione tra spazio e apprendimento nasce dalla richiesta sempre più diffusa di concepire la scuola come il luogo dell’apprendimento e non dell’insegnamento. Il peso diverso che si cerca di dare ai processi di apprendimento incide in modo determinante anche sugli spazi didattici e offre la possibilità di rileggere l’universo scuola in modo decisamente nuovo.
Si tratta di un vero cambio di paradigma: dall’insegnante all’allievo, dal dire al fare, dal ripetere al comprendere, dall’omologazione alla moltiplicazione e differenziazione delle attività, delle esperienze, delle ricerche, degli impegni.
È molto diverso uno spazio se pensato per una comunicazione da uno a molti, formale e quanto possibile impersonale o se lo stesso spazio è concepito per una interazione tra molti e diversi, per una vita comunitaria, in cui si gioca sulla molteplicità delle attività e delle sollecitazioni
– In questo senso ci illustri brevemente due tra le esperienze più avanzate e innovative, proprio in termini di progettazione/costruzione concreta di “spazi educativi”, in Italia, in Europa o fuori dall’Europa?
In contesto italiano il primo importante riferimento è alle scuole che sono nate dall’esperienza e dalla riflessione di Loris Malaguzzi a Reggio Emilia, le scuole di Reggio Children. Esse si riferiscono tutte a un chiaro modello pedagogico che informa anche l’organizzazione degli spazi: i cento linguaggi dei bambini, quindi le cento modalità per leggere il mondo, per organizzarlo dentro di sé e per restituirlo e condividerlo, quindi per continuare a costruirlo.
Per dare parola a questo concetto pedagogico è nato un progetto architettico che in sintesi dispone le aule a raggiera intorno ad una grande piazza al centro dell’edificio, considerata come il luogo dello scambio, dei lavori comunitari e di gruppo, il luogo delle sollecitazioni più diverse e appartenenti a tutta la comunità scolastica a prescindere dall’età e dai ruoli. Ad essa si aggiunge un grande atelier per le attività espressive e grafico-pittoriche come luogo comunitario che per eccellenza consente ai più diversi linguaggi di esprimersi attraverso l’esplorazione e i materiali più diversi.
In Italia sta maturando una sensibilità diffusa sul tema: le iniziative del ministero sulla nuova definizione delle normative di edilizia scolastica e l’osservatorio Indire “Abitare la scuola” sulle innovazioni scolastiche nel mondo sono un chiaro indizio di questo movimento.
In Alto Adige l’attenzione alla relazione spazio e apprendimento risente delle riflessioni più elaborate provenienti dai mondi di lingua tedesca, in cui si discute su una nuova cultura dell’apprendimento e dove ci si riferisce a concezioni legate all’attivismo pedagogico in cui al centro si pone il fare, l’attività laboratoriale, il tutoring e il coaching dell’apprendimento. I pionieri del proficuo rapporto dirigente-insegnanti- architetto sono sicuramente la scuola primaria di Monguelfo e la scuola dell’infanzia di Terento, spesso visitate da insegnanti e interessati sia del contesto altoatesino che d’oltralpe.
Le attuali direttive di edilizia scolastica altoatesine lasciano più spazio alle scuole perché attraverso un chiaro concetto pedagogico si delineino nuove organizzazioni degli spazi. Al convegno sono state presentate alcune scuole che aderiscono a questi modelli e si potranno conoscere progetti di ricerca e architettonici che riflettono sui nuovi modi di concepire gli spazi scolastici in ordine a questi presupposti.
– La rete ha messo già in campo alcune azioni, con ricadute effettivo sul tessuto socio-culturale locale. Mi riferisco in particolare alla ristrutturazione della Scuola primaria e secondaria di primo grado di Lagundo. Ci può raccontare brevemente questo progetto e i risultato raggiunti?
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Si tratta di un progetto promosso dalla Facoltà di Architettura dell’università di Innsbruck e in particolare dal Prof. Moroder che ha sollecitato i suoi studenti nella progettazione degli edifici e degli interni della scuola di Lagundo. Al convegno è stata presentata la rassegna di questi progetti e il processo che ha portato alla scelta del progetto più adeguato.
Oltre a questo progetto le iniziative che sta mettendo in piedi la rete riguardano la condivisione delle risorse per offrire uno sportello di consulenza alle scuole sulla progettazione degli edifici e degli ambienti, oltre che quello di offrire materiali di consultazione sul tema ricchi e variegati.
– In un’epoca di polverizzazione degli interessi, di parcellizzazione dei saperi, d’indebolimento della responsabilità e della solidarietà, di deficit democratico, lo sviluppo e la diffusione di modelli di “apprendimento cooperativo” (cooperative learing) appare una possibile via d’uscita per riprendere in mano i fili dello sviluppo globale. E’ d’accordo? L’organizzazione degli spazi può agevolare i processi cooperativi, se sì in che modo?
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Credo che l’attenzione al tema dell’apprendimento cooperativo sia importante perché scardina la centralità del modello di insegnamento-apprendimento tradizionale, che non è più al passo con i tempi.
In particolare si valorizzano aspetti come la collaborazione, la responsabilità, la solidarietà e si mettono a tema gli apporti del singolo alle diverse tematiche e l’importanza di arrivare a una visione d’insieme.
L’innovazione della scuola fa riferimento a questo ed a altri modelli (apprendimento collaborativo, autonomo, dall’esperienza, per problemi, ecc.) e mette al centro il rispetto e l’attenzione fondamentale per gli interessi e per le motivazioni del bambino.
È a partire da ciò che abbiamo bisogno che iniziamo a muoverci, ciascuno con il proprio stile di apprendimento e scegliendo i modi più diversi per fare nostro il patrimonio culturale che la scuola ha ancora il compito di consegnare.
Naturalmente questa diversa concezione della la poliedricità degli accessi al sapere, ma soprattutto la valorizzazione delle elaborazioni culturali e creative che da questi nascono, determina una modalità del tutto diversa di intendere anche gli spazi per apprendere.
Lo spazio del sapere sta subendo un’altra fondamentale riorganizzazione, con la diffusione delle nuove tecnologie digitali che aprono lo sviluppo a dinamiche fortemente connotate in senso interattivo, sociale e cooperativo. Come valuta questo processo, opportunità e rischi? Che ruolo avranno le tecnologie digitali nei luoghi educativi di domani?
Le tecnologie e il web 2.0 ci portano a conoscere il mondo in modo diverso. Ciascuno di noi dispone di un bacino sempre più ricco e variegato di informazioni che per diventare conoscenze e saperi devono venire negoziate ed elaborate su uno sfondo comune di significati.
È qui che nasce il bisogno di pensare in modo diverso al processo di apprendimento. È qui che l’insegnamento tradizionale entra crisi, perché si confronta con tempi, modi e contenuti sempre più diversificati.
Le tecnologie contribuiscono all’innovazione del rapporto docente-sapere-discente, che da unidirezionale diventa bidirezionale o multidirezionale.
Di qui anche gli spazi per costruire questa interazione tra informazioni, saperi ed esperienze diventano diversi e sono tutti da pensare.