Il 25.10 sono stata invitata presso la Fondazione Collodi a tenere una relazione sui miei temi all’interno di un articolato convegno titolato “Interrogando pinocchio – Nuove prospettive della cultura”.
Qui di seguito riporto le mie riflessioni e proposte a partire da una densa giornata di scambio e confronto.
Innovazione degli spazi educativi per una nuova comunità educante
Le nuove prospettive della cultura presuppongono una modalità di lavoro e di ricerca a tutto tondo protesa alla qualificazione del territorio. In particolare la riflessione sui concetti di cultura diffusa, intelligenza e creatività, permettono di approfondire il ruolo dell’innovazione come chiave di volta tra teoria e azione, tra acquisizione scientifica e processo culturale.
Se per innovazione si intende un processo che genera sviluppo e crescita, che offre elementi costruttori di bene comune, uno dei più importanti luoghi dell’innovazione dovrebbero diventare gli spazi e gli ambienti della formazione e dell’educazione.
L’innovazione tra azione e riflessione
L’innovazione si fonda sui dispositivi della capacitazione e della relazione, come ben argomentato da Umberto Margiotta pensando al capability approach. L’ambiente scuola, i parchi gioco, i luoghi di aggregazione comunitaria più o meno formali, diventano quindi un elemento chiave di indagine sui processi che formano le qualità degli individui.
In questo senso il riferimento all’Inquiry circle di Dewey del 1938, oltre che quello di Kolb del 1984 e di Bruce e Bighop del 2008 offrono interessanti spunti per analizzare i processi della generazione e rigenerazione della cultura negli universi della socializzazione educante. Essi si basano in particolare su due elementi chiave: l’azione sul campo (osservazione, esperienza, sperimentazione, discussione) e l’astrazione o generalizzazione, determinata dall’importante ruolo della riflessione, che non è altro l’introiezione, analisi ed elaborazione costruttiva degli esiti dell’azione. Come noto essi costituiscono le caratteristiche fondamentali della professionalità di coloro che hanno responsabilità diversificate sugli ambienti preposti all’educazione e alla formazione: la politica, l’amministrazione, la scuola, l’università sotto i più diversi punti di vista hanno il compito euristico dell’ identificazione pedagogica di questi luoghi, nell’ottica tutta laportiana della “comunità educante”.
Innovazione degli spazi tra bisogni e motivazioni
Il percorso che guida all’identità si basa sull’innato bisogno umano che tende alla conoscenza e all’autorealizzazione, ben descritto con la tassonomia dei bisogni di Abraham Maslow. Il bisogno, oltre che procedere da una mancanza, è guidato dall’elemento positivo della motivazione, che quanto più è intrinseca, tanto più è soddisfacente e contaminante. I luoghi pubblici preposti alla formazione più o meno formale, oggi, sono alla ricerca di una loro identità e più specifica connotazione.
Negli ambienti dell’architettura sta maturando interesse e sensibilità per la progettazione dello spazio pubblico come luogo ibrido, tra giardini e cortili delle scuole, spazi gioco all’aperto, luoghi di aggregazione. Se pensiamo alle scuole, alcuni istituti comprensivi, istituti superiori e professionali appartenenti ai diversi contesti territoriali vanno cercando un profilo pedagogico che guidi l’azione didattica. Ne sono prova non poche iniziative che vanno dalla toscana, si pensi alle “scuole senza zaino” di Marco Orsi, alla Lombardia, con le esperienze di Cristina Bonaglia per le secondarie superiori, all’Alto Adige, dove proliferano scuole pubbliche fino alla secondaria di primo grado a orientamento montessoriano, steineriano e misto, con nuove organizzazioni dello spazio degli arredi e delle attività.
La scuola da luogo di accentramento del sapere, si sta aprendo alle cosiddette “periferie dell’apprendimento”, che si muovono tra i mondi della formazione istituzionale, informale, sportiva, del lavoro e della vita pubblica. In questo processo gli stessi luoghi tradizionalmente preposti all’insegnamento, le classi, si aprono ai corridoi, ai connettivi, cercando trasparenze visive o spazi di lavoro condiviso. I grandi androni diventano le “piazze dell’incontro e dell’apprendimento”, gli spazi abitualmente destinati a funzioni specifiche si smaterializzano a vantaggio di una ibridazione dei tanti luoghi “morti” o di passaggio tra gli ambienti.
Ambienti di apprendimento tra creatività e casualità
Interessante è considerare che, se la riflessione sul concetto di “ambiente di apprendimento” è nata a partire dalle potenzialità delle tecnologie e della Rete, come luogo dell’apprendimento individuale, ma anche condiviso e partecipato, in cui sostenere i processi conoscitivi in ottica costruttivista, oggi gli assunti e le modellizzazioni didattiche (pensiamo al problem solving e agli ask sistem di Jonassen) maturati sugli ambienti virtuali vogliono tradursi in spazi fisici e operatività concrete negli ambienti scolastici. Nasce una nuova attenzione alla “geografia degli spazi educativi” come luoghi dell’orientamento consapevole e dell’esperienza nella tensione tra libertà e controllo del processo conoscitivo. Si fa strada la riflessione sul concetto di “apprendimento creativo”, che per il fatto stesso di connotarsi come divergente, è diversificato, multiprospettico, proteso verso la validazione delle qualità di ciascuno come differente dagli altri, secondo il principio inclusivo, certamente anche gardneriano del: tutti uguali e tutti diversi.
In realtà la creatività è un processo che spinge l’individuo ad affinare le proprie capacità espressive, valorizzando la propria specialità o differenza nel raccontarsi, nel leggere il reale e nel porsi nel mondo per trovare sempre di più la propria identità. Un percorso costellato da casualità, come acutamente segnalato da Roberto Masiero, una casualità affasciante, perché indica una serie di accadimenti che possono essere letti come impedimenti o occasioni, a seconda di quanto ciascuno, quindi anche gli enti preposti all’educazione alla formazione, abbia chiara la propria direzione.
Creatività tra flessibilità e movimento
Al concetto di creatività si lega anche quello di flessibilità, come proposto da Mario Lipoma, inteso come azione e movimento con le cose/sulle cose, che genera relazionalità ed interdisciplinarità. È proprio l’attenzione allo sviluppo del movimento delle/ con le/ e tra le cose/discipline/persone/ambienti che si può cogliere la qualità della “grazia “, quel movimento consapevole, controllato, elegante (già ampiamente indagato da Maria Montessori) che genera una spinta all’innovazione e stravolge i classici sistemi di apprendimento della conoscenza e li trasforma da lineari, dunque simbolico astratti, a reticolari, diffusi, espressivi.
Scenari
In tutto ciò si prospettano scenari affascinanti sui quali costruire progetti innovativi: la comunità educante è in cerca di nuovi modelli didattici basati su esempi concreti di come fare scuola e di come generare socialità formativa negli spazi pubblici. Tutto questo poggia su euristiche pedagogiche condivise, assunte dalla comunità con responsabilità e passione. La mission culturale egli enti che propendono verso l’universo formativo consiste nel cogliere i bisogni cogenti e nell’offrirvi risposta attraverso progetti a composizione interdisciplinare che offrano le possibili vie da percorrere. I progetti sui luoghi, gli ambienti e gli spazi dell’apprendimento e della formazione, sono tra i più dinamici, perché offrono un terreno molto fertile allo scambio culturale tra le discipline, gli ambiti, le competenze di soggetti che generalmente non sempre in dialogo tra di loro: pedagogisti, studiosi del movimento, psicologi, filosofi, architetti, insegnanti, rappresentanti degli enti locali, committenti, tecnici e molti altri ancora possono diventare gli interlocutori attivi di un processo di appropriazione partecipata degli spazi per educare ed apprendere. Tutto questo su una piattaforma di comunicazione neutrale come può esserlo quella di enti e fondazioni di alto spessore culturale.