Sto mettendo a punto un libricino che documenta la storia di una bellissima una scuola degli anni ’60 che due anni fa è stata abbattuta a Eores, una frazione montana di Bressanone (BZ).
In dialogo con l’Arch. Zingerle che l’ha costruita, figura di spicco per quegli anni, mi cattura questo suo pensiero: “Non c’è cosa più importante nella vita che la salute dei corpi e delle menti” così esordisce. “Non c’è figura più importante per l’uomo che il medico e l’educatore. Entrambi provvedono al nostro benessere e al nostro sano sviluppo. Di qui il ruolo dell’architetto, che indirettamente partecipa a questo progetto: è colui che provvede al corpo fisico della scuola, colui che quindi ha la responsabilità civica e sociale per fare si che l’edificio sia in ordine, bello e sano abbastanza da ospitare-accogliere-informare e di certo anche interpretare l’educazione e la formazione.”
In questo senso si può iniziare a ragionare sul concetto di scuola come corpo. Che corpo ha la scuola? Di cosa è fatto? Come parla il corpo della scuola, se con questo intendiamo tutto ciò che accoglie, organizza, struttura, inquadra e informa l¹azione didattica? Il corpo della scuola è fatto di architetture, quindi di muri e di finestre, di aule, androni e corridoi, di ambienti comuni e luoghi per le attività specifiche, spazi interni ed esterni, volumi che si distribuiscono nel contesto urbano. È fatto di materiali e colori, di arredi e suppellettili, di oggetti più o meno didattici. La fisicità della scuola non è un dettaglio, è il corpo che lei indossa. Come scrive Umberto Galimberti (1987) è il corpo che dà abito (luogo) e che è, al tempo stesso abitato.
La scuola si riconosce dunque come corpo: corpo che si ha, corpo che si è, corpo che racconta di abitudini e di stili di vita, di qualità e di impegni. Il corpo abitato di Galimberti, la zona di confine tra ciò che rappresenta il noi della scuola e ciò che va oltre. Un corpo dunque fatto di mattoni, di scelte architettoniche, di materiali, di arredi, di oggetti e suppellettili, che tutti quanti segnano le tracce di un discorso pedagogico-didattico di sicuro impatto, per quanto implicito possa essere.
Un dato da non trascurare e su cui vale la pena di impegnarsi tutti: architetti, ingegneri, designer, dirigenti insegnanti, amministratori. Ciascuno con le proprie competenze e resposabilità ma comunque protesi a dare alle scuole corpi e menti nuovi, sani e belli.