Il tema dell’ascolto a scuola è attualmente molto sentito. Si collega al più ampio tema del benessere degli alunni e degli insegnanti e alla necessità di proteggersi dall’eccessivo rumore prodotto talvolta da una progettazione non corretta degli ambienti scolastici, talvolta da una insonorizzazione acustica mancante, ma soprattutto da una crescente incapacità di gestire grandi numeri di soggetti in apprendimento in ambienti spesso stretti ed angusti, oppure eccessivamente ampi e rumorosi.
Presento qui una delle riflessioni più azzeccate che io abbia mai letto sul tema dell’ascolto negli ultimi tempi. È un estratto delle memorie didattiche di Carmen Guja Bonifacio (gujabonifacio@alice.it) , insegnante d’eccellenza, mia tutor quando ho insegnato a scuola, a cui devo molte delle mie illuminazioni.
“ L’ASCOLTO è il cavallo di Troia con cui la corporeità e la comunicazione non verbale entrano nel silenzioso concentramento di una classe “BIMBOTECA” muta come Auschwitz.
Nel XXI secolo ottenere e mantenere il silenzio è un’impresa che richiede pazienza ed un sistema nervoso sereno e forte.
Nelle classi del 1975 c’era silenzio al grido ”arriva…!” : tutti gli scolaretti in grembiulino nero o bianco, o blu, di corsa a sedere nei banchi.
Chi scrive è del ‘54 e insegna dal 1972 nella scuola elementare, oggi si chiama “primaria”.
“Questi bambini non sanno ascoltare!” ritornello….“Non si riesce a ottenere la loro attenzione….devo alzare la voce”.
QUI CASCA L’ASINO …e trattandosi di insegnante…è una brutta caduta di stile… gridare, alzare la voce, magari fuori controllo, sgolarsi, strozzarsi.
Ottenere il Mago Silenzio così, si sa, è una sconfitta, un k.o. del nostro sistema nervoso.
L’alveare diventa inceneritore e la scuola brucia potenzialità, quando comprime, reprime e blocca tutto quello che dovrebbe formare, PROMUOVERE.
La sofferenza e l’insofferenza deformano e creano solo abbondono, disagio, ….bullismo forse.
Il grillo parlante della mia coscienza professionale, continua a ricordarmelo, mentre cerco un campanello, un martelletto per richiamare l’attenzione, per coinvolgere i distratti e ottenere ASCOLTO. … Ironico sussurra: ” Non sei un giudice, inventati un gioco FATINA, puoi farcela Guendy”. “

Al di là delle diverse ricerche sugli effetti deleteri dell’inquinamento acustico, che peraltro stanno sensibilizzando sull’opportunità di investire con maggiore attenzione i fondi destinati all’edilizia scolastica nell’insonorizzazione degli ambienti per insegnare ed apprendere, l’attenzione pedagogica dovrebbe tornare a consegnare i messaggi che riguardano anche l’educazione all’ascolto e al silenzio. Forse, più che agire sugli effetti di una desensibilizzazione al rumore e al chiasso in classe e generalmente a scuola, attraverso cosmetici segnalatori di pericolo, sarebbe opportuno riprendere alcune lezioni magistrali di Maria Montessori, che insegnava a muoversi con grazia tra le cose e a percepire con attenzione il proprio corpo che, muovendosi tra gli oggetti, produce i suoni che non registriamo più. Rimane sempre il fascino dell’esperienza di questa grande pedagogista che sussurrava sottovoce i nomi dei bambini, allenando il loro udito più raffinato e che insegnava ad ascoltare il respiro dei neonati (Montessori, 2008). La lezione montessoriana è oggi più che mai attuale e invita a rivolgere grandi attenzioni didattico-educative all’ascolto di sé come corpo in movimento che risuona tra i corpi e le cose, un’attenzione pedagogica ai suoni che producono insieme l’esperienza di fare scuola. Perché oltre alle buone soluzioni tecnico-progettuali, che di certo aiutano, nasca una nuova sensibilità rispetto all’esperienza sonora della vita.